NEWS. GLADIS ALICIA PEREYRA, LA SCRITTRICE ARGENTINA DAL CUORE ITALIANO CONQUISTA L’AUSTRALIA

Gladis Alicia Pereyra nasce a a Cruz del Eje, una cittadina della provincia di Cordoba in Argentina. La madre era figlia di italiani; il padre, un giornalista argentino di ascendenza basca, morì prima del mio secondo compleanno. Cresciuta a Cordoba in una famiglia di sole donne:  madre, due sorelle molto più anziane di me e  nonna materna: fu lei a insegnarle ad amare l’Italia. Era nata a Sartirana Lomellina in provincia di Pavia e i ricordi del paese dell’infanzia che le raccontava come fossero delle fiabe, destarono in lei il desiderio di “ritornare” nella terra di origine. Finito il liceo, per colpa di effimeri entusiasmi giovanili, si dedica a studiare arte drammatica e più tardi regia cinematografica, tralasciando la scrittura che insieme alla lettura e all’interesse per la storia erano state fino ad allora – e oggi continuano a essere – realtà costanti nella sua vita.
Dopo alcune esperienze teatrali a Buenos Aires, realizza il progetto maturato nell’infanzia e a lungo rimandato di “ritornare” in Italia. Di ritornare – senza virgolette – sentono, come lei, molti figli o nipoti di emigrati, cresciuti lontani dall’Italia ma in un ambiente che ha mantenuto vive tradizioni e cultura italiane.
Contrariamente a ciò che avrebbe potuto desiderare la nonna, non ha scelto per vivere Pavia o Milano, ma Roma. In questa città, carica di tempo e di storia, si sente nel mio ambiente naturale.
Qualche mese dopo il suo arrivo, una borsa di studio le permise di frequentare un corso di regia televisiva presso la RAI di Firenze. In seguito lavora come assistente volontaria alla regia in un film di Franco Rossi e come fotografa per un’agenzia; nel contempo tiene lezioni private di spagnolo. Furono anni felici ma difficili: finite le risorse portate dall’Argentina, deve trovare, o inventare, un lavoro che le permettesse una certa stabilità economica. La ricerca la condusse a scoprire la ceramica. I primi risultati furono piuttosto incoraggianti e in un tempo relativamente breve fu in grado di eseguire pezzi unici che venivano apprezzati e soprattutto si vendevano. La ceramica le insegnò qualcosa  che non aveva ancora capito: il piacere di lavorare, creare in solitudine. Rinuncia al cinema e alla fotografia e ripresei a scrivere, in spagnolo; subito si accorse, però, dell’impossibilità di vivere e pensare in una lingua e scrivere nella sua sorella: se avessie scritto in tedesco, forse, la difficoltà non sarebbe esistita. Aveva iniziato a studiare italiano da adolescente, lo parlava e lo leggeva perfettamente e, se non fosse stato per le doppie spesso e volentieri messe a sproposito, avrebbe anche potuto ritenere di saper scrivere, ma fare letteratura, naturalmente, era tutta un’altra storia. S’impegna a perfezionare l’italiano: se sua sentiva questa terra dove non era nata, sua doveva essere la sua lingua. Fu un periodo molto intenso, di lunghe e diversificate letture: letteratura, storia, antropologia, psicologia, storia delle religioni. Seguì un corso di latino presso l’Università Gregoriana di Roma e di francese presso l’Alliance Francaise. Si preparava, ma dubitava di avere capacità sufficienti per affrontare con serietà la scrittura. Diventare scrittrice le appariva un traguardo troppo in alto per le sue forze. Un Natale ricevette in regalo I miti di creazione di Marie Louise Von Franz, quel libro le diede la spinta, il coraggio che le mancava e nacque il suo primo romanzo:
I quattro lati del cerchio che, una volta finito, giudicò troppo sperimentale e saggiamente lasciò nel cassetto. Cominciò a lavorare a Il cammino e il pellegrino e per cinque anni frugò tra le pieghe della storia fiorentina della fine del XIII secolo per costruire la quotidianità dei miei personaggi. Il nuovo romanzo ebbe lettori di eccezione come Pietro Citati e Daniel Chavarria che lo apprezzarono e la incoraggiarono. Fece parte della cinquina del Premio all’inedito Palazzo al Bosco e Giovanna Querci Favini, promotrice del premio, tentò senza successo di farlo pubblicare. Finito il libro, gli studi sul medioevo italiano continuarono. Intanto con alcuni amici ho fondato l’Associazione Culturale Clara Maffei di cui sono presidente. A settembre del 2009 ho finito il mio terzo romanzo: I panni del saracino. All’edizione di quell’anno di Più libri più liberi contatta Anna Grazia D’Oria presso lo stand della Pietro Manni editore. Era la prima volta che si rivolgevo a una casa editrice indipendente; la sua intenzione era chiedere di visionare l’ultimo romanzo. Sul momento, tuttavia,  cambia idea e le parla di Il cammino e il pellegrino; è stato uno slancio di puro istinto. A giugno è arriva la proposta di contratto che  accetta. I panni del saracino attende fiducioso il suo turno; intanto lavora a un nuovo romanzo e pubblico articoli e piccoli saggi di storia medievale sul sito Clara Maffei.

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