75mila profili analizzati
Dimmi come comunichi su Facebook e ti dirò chi sei
fi Valerio Bassan Linkiesta
Un team di ricercatori ha scoperto che il linguaggio sul social network rivela la nostra personalità
Settecento milioni di parole, quindici milioni di messaggi privati, diciannove milioni di aggiornamenti di status, i profili Facebook di oltre 75mila utenti diversi. Ci sono voluti un nutrito team specializzato nella differential language analysis (DLA) e diversi mesi di lavoro, ma alla fine PLOS ce l’ha fatta. L’organizzazione no-profit americana dedicata alla ricerca scientifica, è riuscita a portare a termine quella che, senza dubbio, è la ricerca più ampia e completa di tutti i tempi sull’utilizzo del linguaggio nella comunicazione attraverso i social network. Analizzando, come potete intuire, una quantità mostruosa di dati.
I risultati della ricerca non sono rivoluzionari, ma comunque molto interessanti, perché mostrano una correlazione diretta tra le caratteristiche psicologiche dell’utente e il modo in cui lo stesso utilizza il medium. Ad esempio, l’utilizzo frequente di parole che si riferiscono alle attività all’aperto – come “party”, “vacanza”, “chiesa” e “sport” – indica con grande probabilità una personalità estroversa; al contrario, chi cita spesso la lettura – in particolare quella giapponese, dei “manga” e degli “anime” – risulta avere quasi sempre una personalità chiusa e introversa. Anche le abbreviazioni, come “2day” per “today” e “ur” per “your”, possono indicare difficoltà relazionali.
Differenze linguistiche sono state trovate anche tra gruppi di utenti di età diverse. Con una duplice correlazione: linguistica (l’utilizzo di slang ed emoticons è molto più diffuso tra i giovani) e tematica. Tra i 13 e i 18 anni, gli utenti parlano spesso di scuola; tra i 19 e i 22, di università e college; tra i 23 e i 29, di lavoro. Più si cresce con l’età, ovviamente, più i termini riguardanti la sfera lavorativa e familiare sono diffusi. Qualche curiosità: i termini legati all’abuso di alcol, come “sbronza”, “devastato”, “ubriaco”, sono utilizzati soprattutto a cavallo dei vent’anni; questa tendenza cambia dai 23 anni in su, quando la gradazione alcolica scende: la descrizione delle serate di festa, qui, è tutta un “ale”, “beer”, “drinking”.
Anche maschi e femmine comunicano diversamente, spiega la ricerca. Le donne utilizzano più spesso parole emozionali e la prima persona singolare, affrontando con maggiore frequenza temi legati alle relazioni e alla psicologia; gli uomini sono più volgari, bestemmiano, si riferiscono a oggetti concreti più che a sensazioni e concetti astratti. Sempre maschile è la tendenza a definire il possesso, soprattutto quando si parla di relazioni parentali e affettive: “mia moglie” e “la mia fidanzata” sono espressioni diffuse tra i maschi, meno tra le femmine, che antepongono ai termini “fidanzato” e “marito” un numero elevato di aggettivi diversi, oppure scelgono di utilizzare il nome proprio del compagno.